giovedì 26 giugno 2014

Gli italiani? Ricchi di vanagloria

"[Gli italiani] un popolo di poeti, di artisti, di eroi, di santi, di pensatori, di scienziati, di navigatori, di trasmigratori": in pochi forse lo sanno ma questa celebre frase è stata pronunciata nel 1935 da Mussolini nel discorso che accompagnò l'inizio della guerra di Etiopia e le parole scelte dovevano ricordare agli italiani, che nel progetto fascista erano ad un passo dall'entrare tra i Grandi della Terra, la propria identità di cui essere orgogliosi. Quello che accadde poi lo conosciamo.

Firenze, un capolavoro italiano
Quando sono all'estero mi viene sempre spontaneo chiedermi quale idea dell'Italia e degli italiani si ha nel paese che mi ospita. Anche in questo viaggio ho cercato di capirlo, di trovare una risposta alla mia curiosità ma come ci vedono gli andalusi? Senza domande dirette, lasciando che il tema venisse fuori da solo, cogliendo le reazioni alla risposta sulla mia nazionalità e il tono, le espressioni e le domande che mi sono state poste sul nostro paese. Nel seguito del post cercherò di spiegare ciò che ho raccolto: l'immagine che è emersa da più voci, tra luoghi comuni e mezze verità, è ben delineata, per quanto semplice e un po' superficiale, ma d'altro canto in linea con i toni leggeri dei discorsi che ho affrontato.

Milano è ricca, voi avete i soldi! Il principale pensiero esternato sulla mia provenienza è stato questo. Eppure non c'era nessun sentimento di invidia, di disagio o, peggio ancora, di inferiorità in chi me lo diceva (quest'ultima l'ho avvertita, e mi ha suscitato tristezza e imbarazzo, oltre che dissenso, in più di un viaggio ma non in Andalusia): meglio così, ovviamente. Però percepivo che mancava qualcosa, c'era quasi sdegno nel definirci ricchi. Inizialmente ho pensato che fosse una questione di orgoglio, ma probabilmente mi sbagliavo. Il vero motivo credo sia emerso l'ultima sera quando, per caso, ho iniziato a conversare con due signore un po' in là con gli anni.

Ero a piedi sul lungomare di Nerja, una di loro mi chiese se la strada che stavano percorrendo fosse chiusa e io, che provenivo da quella strada, ho risposto qualcosa del tipo «You have to volver!» descrivendo un cerchio con l'indice puntato verso l'alto. Divertiti dalla mia risposta poliglotta e dato che dovevamo fare un po' di strada insieme abbiamo iniziato a parlare. Scopro così che una delle due signore è stata molte volte in Italia, visitando Venezia, Roma, Firenze, la costiera amalfitana, la Sicilia e Milano. In particolare, era molto affezionata a Milano, mi ha parlato del Duomo, della Galleria Vittorio Emanuele II e del teatro alla Scala. Milano è speciale! mi ripeteva. Però c'era qualcosa che non la convinceva. Quando le ho chiesto spiegazioni mi ha dato una risposta che non riuscivo a tradurre, a comprendere. In quel momento si avvicina a noi una giovane ragazza che ci dice di conoscere l'italiano (ha studiato qualche tempo a Firenze) e, notando la mia difficoltà, si propone di farmi da interprete. Che cosa non convinceva quella signora? Le sue perplessità risiedevano proprio nell'atteggiamento degli italiani: poco prima ci aveva definiti quasi fratelli degli spagnoli (anche da un punto di vista storico), ora mi stava elencando le nostre differenze. Per la signora smaniamo di ostentare la nostra ricchezza e di apparire, ci piace metterci in mostra, far vedere che abbiamo tanti soldi, non importa poi se sia vero. Chiedo allora alla mia giovane interprete se anche lei fosse d'accordo e la ragazza aggiunge due parole chiave alla nostra definizione: banali e vuoti. Quanti complimenti! Ma sono stereotipi o considerazioni personali? Chiedo alla ragazza se secondo lei tutti gli italiani sono così come ci hanno appena descritto: «Non so dirtelo, sono stata a Firenze solo 3 mesi...». Gradassi e cialtroni, questa la prima impressione che diamo? Al prossimo giro in Italia la ragazza avrà modo di cambiare la sua idea o la confermerà? Che sia questo il motivo per cui non avvertivo nessuna invidia né inferiorità, perché ci considerano ricchi sì, ma del nulla?

Come da premessa, questo articolo racconta opinioni di massima di poche persone miste a mie valutazioni e non pretende di riassumere un'indagine approfondita (che non c'è stata!) di quanto in oggetto ma può essere comunque uno spunto per fare una piccola riflessione su quanto tempo dedichiamo all'apparire e quanta poca energia occorrerebbe per essere autentici.


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